Cenni storici

Questa sezione contiene i principali cenni storici del Nostro Comune

L'epoca Romana

«Nel frattempo nacque Roma. E Bergamo la vide crescere, la amò sentendola sorella, città della stessa penisola mediterranea.E quando Roma, fatta forte e potente, giunse fin quassù in cerca di domini, Bergamo le si assoggettò, la aiutò a combattere contro Annibale, preparò armi fortissime (lavorate nel territorio di Clusone) per le sue vittorie e Roma la nominò Colonia Latina.E, col fervore, Bergamo ereditò l'anima e il volto, la religione e la legge, l'ordinamento e la forza dei latini». (M. Cugini "Breve storia di Bergamo")

Nelle città sorsero: il foro, l'arena, i templi, gli archi, le are in onore della dea Venere, alla dea Fortuna, alla dea Minerva, a Cerere, a Plutone. E la vita si svolgeva fra quei luoghi: la politica e gli affari si trattavano nei fori; i giochi si facevano all'arena; nei templi e davanti alle are si pregano gli dei e si offriva loro l'incenso; nel pedagogium si studiava la grammatica.

La pianura invece fu divisa in zone, chiamate Pagi, ciascuno dei quali comprendeva parecchi villaggi e prendeva il nome della divinità che era particolarmente venerata dagli abitanti del Pago stesso. Si ebbe il Pagus Minervae, il Pagus Saturnius, il Pagus Fortunensis, ecc. Il tratto di terra tra il Brembo e l'Adda, corrispondente alla zona dell'Isola, era chiamata Pagus Fortunensis. Il nostro paese, quindi, appartenne a questo Pagus.

I primi cristiani

Era l'anno 753 di Roma, regnava l'imperatore Cesare Ottaviano Augusto quando, nell'oscura terra della Giudea, nacque Gesù Cristo.

Dopo un lungo periodo di vita privata, 30 anni, Gesù iniziò l'insegnamento pubblico della nuova Dottrina e, con la bontà delle sue parole e con la potenza dei miracoli, sconvolse il mondo e scosse gli animi e le civiltà. Iniziò così un'Era nuova.

Egli andava dicendo: «Amatevi gli uni con gli altri. - Perdonate! - Siete figli dello stesso Dio... Queste parole, come fresca rugiada su un fiore avvizzito, scendevano nei cuori dei poveri, dei derelitti, dei perseguitati e li aprivano alla fede, alla speranza, alla carità.

Intorno a Lui aumentavano i seguaci, e molti furono i seguaci dei Suoi Apostoli. Gesù non ebbe una grande fortuna su questa terra: morì crocefisso; ma il Suo Sangue scorre ancora per salvarci e per redimerci e la Sua bella e buona religione si diffonderà su tutto il mondo.

Ma gli Imperatori non videro di buon occhio il diffondersi di questa nuova religione e, per arrestarla, incominciarono a perseguitare i cristiani. Questi, per difendere e per diffondere la vera Dottrina, divennero martiri.

L'Imperatore Costantino, con l'Editto di Milano, nel 313 dopo Cristo, pose fine alle persecuzioni e lasciò liberi i cristiani di pregare nei loro Templi e di professare la loro religione.

Bergamo conobbe la, dottrina cristiana forse attraverso quei cristiani condannati ai lavori forzati nelle miniere delle nostre valli. Sulla fine del secolo III fu fecondata dal sangue di S. Alessandro. Progredì nella fede per opera del suo primo Vescovo, S. Narno, e dei suoi successori che poterono usufruire della pace religiosa stabilita da Costantino. Non sappiamo però quando la fede penetrò a Suisio; forse nel secolo V-VI.

 

Suisio medioevale

Di tutto questo periodo ben poco sappiamo di Suisio. Tuttavia non è a pensare che la vita fosse scomparsa. Ma è presumibile che il paese abbia continuato la sua vita agricola più o meno facilmente a seconda degli umori dei nuovi padroni.

In tutto quel marasma di sconvolgimenti politici si ebbe però una cosa stabile che riuscì ad amalgamare vincitori e vinti: la Chiesa. Essa andò sempre più irrobustendo la sua organizzazione, e poté in momenti di pubbliche calamità venire in aiuto dei suoi figli. Le frequenti donazioni di beni che dopo la pace di Costantino erano state possibili, le prestarono i mezzi.

E' proprio in un atto amministrativo ecclesiastico del secolo IX che compare alla ribalta anche Suisio . L'atto fu redatto nel dicembre dell''877. Parla della permuta, compiuta dal Vescovo Garibaldo, a nome della chiesa di S. Lorenzo, posta vicina alle mura della città, di molti beni che, situati in Iusiago, consistevano in 18 jugeri, (pari a 45 mila metri di terreno) con altri posti in vari luoghi: Suisio, Paltriniano, Redona. Questo documento ci rivela che la Chiesa era in possesso di beni anche nel nostro territorio ed inoltre è il primo documento conosciuto che cita Suisio, dopo i riferimenti al Pagus, e lo cita proprio come attualmente viene scritto.

Dalle molte carte consultate non ci è stato però possibile trovare l'origine del nome Suisio. In documenti successivi a quello sopra accennato, questo nome viene variamente scritto: nell'879 si scrive Sevisio, nel 980 Sevixio; più tardi si trova Sovizio; dal 1800 in poi viene sempre scritto Suisio.

Alla morte di Carlo Magno i Marchesi e i Conti riuscirono a rendere ereditario il possesso delle terre che l'imperatore aveva loro affidato da governare. Assoggettarono gli artigiani e i contadini e li resero quasi schiavi.

I nuovi padroni, Vescovi o laici, affidarono le loro terre ai Vassali, questi, a loro volta, ai Valvassori, e poi ai Valvassini. Si costituì così una piramidale gerarchia di amministratori, i nobili, che poggiava completamente sul popolo, sulla povera gente, la quale doveva lavorare e subire le ire, la fame e il peso delle lotte civili.

I nobili, nel cuore del loro territorio, in una posizione dominante e di facile difesa, costruivano il castello come abitazione e come fortezza. Questo si ergeva massiccio e severo, vigilato da torri e cinto da un fossato e da mura merlate; vi si entrava abbassando un ponte mobile di legno, detto levatoio. Dentro le mura, viveva una piccola società che a tutto provvedeva: vi erano le cucine, le stalle, le lavanderie, i magazzini, i forni, i pozzi, le armerie, gli alloggi per i servi e per gli armigeri. La parte più importante del castello era il torrione centrale, con la sala del trono, le stanze del Feudatario, ampie ed austere, ornate di trofei di guerra e di caccia, comunicanti attraverso botole e scale a chiocciola. Nulla vi mancava, nemmeno la cappella.

Il Feudatario viveva qui come un piccolo re, circondato da una folla di cortigiani, di soldati, di servi; e trascorreva la vita fra le occupazioni di governo, i banchetti, gli spettacoli, le battute di caccia e ascoltando i canti e le fiabe narrate dai cantastorie. Le donne tessevano e adornavano le vesti o i cimieri; i giovani si addestravano alla guerra.

Fuori dalle mura ai piedi del castello, si addossavano le casupole abitate dai contadini e dagli artigiani. Questi vivevano in condizione servile (servi della gleba) : lavoravano e combattevano per il Feudatario senza alcuna ricompensa e non potevano allontanarsi dal fondo perché appartenevano al padrone come gli attrezzi da lavoro.

Anche Suisio ebbe il suo castello. E' fatto cenno in un documento del 980. Si trovava in Castelletto, e la sua cappella era dedicata a S. Floriano . Il proprietario di allora era un certo Lanfrancus, nobile signore che possedeva campi, poderi, e che godeva di grande autorità nella provincia. I suoi successori ricevettero poi la carica di « avvocato del Vescovo », carica in seguito divenuta ereditaria.

Nel giugno del 1057, il Vescovo di Bergamo, Ambrogio II, che gli storici ritengono valente letterato e dottissimo nelle Sacre Scritture, si recò in Castelletto, nella casa del suo avvocato Guglielmo di Alberico, per completare un atto di compera di un piccolo fondo nel territorio di Medolago. Il 3 aprile del 1058 venne presentata al Vescovo, per mezzo del suo avvocato Guglielmo da Sevixio, la domanda di un certo Giovanni di Almenno, volta ad ottenere, per lavorare, un appezzamento di terreno della chiesa di S. Maria di Almenno. Come si vede il raggio di azione del nostro avvocato era abbastanza ampio, noi oggi diremmo: « Abbracciava tutta la diocesi». La tradizione dice che tutti chiamavano il nostro Guglielmo « l'avocat », per cui egli si assunse questo titolo come cognome e si chiamò: Guglielmo Avvocato, ed abitava nel Castello.

 

Napoleone e l'Austria

Intanto la nostra parrocchia assunse una sua importanza. Lo dobbiamo dire constatando come a reggerla vengano mandati uomini di valore. Alla morte di Don Gualandris venne eletto Don Giovanni Vitali, che rimase solo tre mesi a governare la nostra parrocchia, passando nel giugno del 1799 primo parroco di S. Alessandro in Colonna, in seguito diventò Pro-Vicario Generale. Gli successe Don Giovan Battista Vitali, che rimase nella nostra parrocchia tre anni, poi fu trasferito a Verdello. A coadiutori di questo parroco c'erano 7 sacerdoti, tutti di Suisio: i fratelli Don Vincenzo e Don Giacomo Mazzoleni, di Castelletto, Don Francesco Mazzoleni, Don Giovanni Vavassori, Don Francesco Previtali, Don Giovanni Carminati e Don Giuseppe Previtali, di Suisio.

Nel 1789 era scoppiata in Francia quella che si chiamò « la Rivoluzione Francese ». A Bergamo i francesi arrivarono con le loro idee e con la loro rapacità nel 1797 e rovesciarono l'imbelle governo di Venezia. Suisio però non innalzò l'albero della libertà. E' da pensare che i nostri padri soffrirono a quel mutamento nè simpatizzarono con Napoleone Bonaparte. A neutralizzare l'effetto di ciò che i francesi si facevano porta bandiera vi fu l'opera del Clero.

A Suisio in quel tempo vi fu un uomo di statura veramente eccezionale. Nel 1805 fu promosso nella nostra parrocchia Don Domenico Magri, già arciprete di Mologno per 14 anni, dove portò a termine la fabbrica della chiesa nuova. Ma anche a Suisio non rimase inerte. Fece fare il grande armadio per i baldacchini e gli stendardi; allo scultore Antonio Gelpi affidò le statue di Davide e di S. Giuseppe; al pittore Riva affidò parte della decorazione; acquistò baldacchini e banchi; fece fare la balaustra all'altare dell'Immacolata, la sistemazione delle cantorie, provvide all'imbiancatura di tutte le chiese e alla doratura dell'altare di San Giuseppe; si prodigò con l'aiuto della popolazione ad arricchire la chiesa del necessario per le funzioni.

Non dobbiamo credere che egli abbia avuto grandi mezzi, perché allora la popolazione si aggirava sui 700 abitanti e viveva tutta del lavoro dei campi. Quello che allora non mancava, invece, era la fede e la profonda convinzione che il dare alla chiesa era il modo più idoneo per partecipare alla divulgazione del Regno di Dio: con ciò si spiegano anche le numerose vocazioni sacerdotali.
Un segno del valore di Don Magri è dato anche dal fatto che nel 1818, fu delegato dal Vescovo, Monsignor Dolfin, a compiere gli uffici di Vicario Foraneo di Terno in sostituzione di Don Gerolarno Cavalli allora infermo.

 

Le guerre tra 1400 e 1500

Non è da credere che dopo i primi decenni tumultuosi della contestata dominazione veneziana, si acquistasse la pace. Purtroppo vi furono ancora periodi dolorosi per Bergamo e il suo territorio, dove i non sopiti rancori di parte non fecero che aggravare la situazione già dolorosa. Dal 1482 al 1484 si ebbe la guerra di Ferrara conclusasi con la pace di Bagnolo, che ebbe riflessi dolorosi anche da noi.

Ma il periodo certamente più doloroso e disastroso fu quello provocato dalla guerra della Lega di Cambrai. Dal 1509 al 1515 Bergamo e tutto il suo territorio fu teatro di guerra, dove il saccheggio, le spogliazioni, le violenze, gli omicidi si susseguirono a ritmo continuo. Dal 1509 al 1512 dominarono i francesi, nel 1513 vennero gli spagnoli, poi arrivarono i tedeschi, in seguito gli svizzeri nel 1515. Tutti si comportarono da perfetti predoni.

Anche Suisio pagò, con tutta l'Isola, il suo gravissimo tributo di sangue e di lacrime. Nel 1509 i francesi, entrati in territorio bergamasco da Brivio, saccheggiarono Villa d'Adda, depredarono Calusco delle biade e delle cibarie e poi piombarono nell'Isola dove primo fra tutti gli altri paesi Suisio fu saccheggiato e messo a ferro e fuoco . Se poi, in quegli anni, non vien più fatto il nome di Suisio come oggetto di barbarie, non è da credere che abbia vissuto giorni tranquilli. Infatti l'isola per la sua posizione strategica di vedetta su una delle vie di comunicazione con la Germania, fu il luogo preferito per gli accampamenti delle soldatesche pronte a piombare contro chi scendeva per quella strada. Fu sempre quindi teatro di sopercherie e di depredazioni. A completare l'opera distruttiva dell'uomo vi furono le pestilenze e le carestie.

Conclusasi la pace, dopo tanto sangue, Venezia abbracciò una politica di neutralità che non abbandonò più. Per più di due secoli il nostro paese non conobbe gli orrori di una guerra.

Ad un secolo di distanza da Bartolomeo Colleoni si pose sul tappeto un'altra volta l'eterno problema dell'irrigazione dell'Isola. Nel 1577 Lodovico Mainoni propose di derivare dal Brembo due canali, uno per l'irrigazione dell'Isola, e uno per la navigazione interna, ma il governo impegnato nelle fortificazioni, non diede esecuzione all'opera. Così la gente della pianura continuò a vivere nella più grande povertà. Allora molti emigrarono e gli altri rimasero, a lavorare nel campi e nelle industrie della lana, della seta e dei minerali. Nell'Isola in quel tempo, sorsero alcune filande e l'industria della seta dava al nostro paese una buona rendita, dopo quella del vino.

 

La chiesa di Suisio

La chiesa di Suisio è, a detta dei competenti, una delle migliori costruite nella nostra provincia nel 1700. La struttura architettonica è snella ed agile, piena di movimento, con le sue masse ben proporzionate.

Se si pensa che il popolo che l'ha voluta, era formato da umili contadini, la cui istruzione era forse al di sotto di quella elementare, si deve riconoscere come la nostra religione ha sviluppato nei nostri padri il gusto del bello, e come non solo non rinnega i valori umani, ma li affina e li educa sino a produrre gioielli d'arte! Difatti l'amore che sempre si ebbe per abbellire la parrocchiale sta a riprova, se mai ve ne fosse bisogno.

Lungo è l'elenco dei benefattori. Inizia con Domenico Opreni, già sopra ricordato, che lasciò 300 scudi per la erigenda chiesa nuova. Segue la signora Giovanna Gambirasi, grande benefattrice sepolta davanti all'altare della Madonna Addolorata; di essa il parroco Don Gualandris scrisse: « Universa comunitale plaudente, et relicto omnibus desiderio sui ob profusam ipsius erga pauperes charitatem ». Ad essa seguono tanti altri: Don Antonio Vavassori sostenne la spesa totale della costruzione della sacrestia. I fratelli Astori, di Piazza Amata, sostennero la spesa dell'altare della Madonna del Rosario, opera del Moroni, su cui fecero mettere la tela della Madonna del Rosario, del pittore Zucco, che ora si trova in fondo alla chiesa, e acquistarono ì quadri che si trovano ai fianchi del coro. Poco dopo la proclamazione del dogma dell'Immacolata, Giovanna Gambirasi acquistò la statua della Madonna Immacolata rivestita da abiti ricchissimi, e che poi fu sostituita dalla attuale in legno. Margherita Vavassori donò alla chiesa due baldacchini, uno di 6 bastoni, e uno di 8 bastoni, del costo di 5000 franchi milanesi. Celestina Gambirasi regalò un magnifico stendardo del SS. Sacramento.

Queste persone ed altre ancora, senza nominare i parroci che tanto diedero alla nostra chiesa, non possono che stimolarci a fare qualche sacrificio per rendere ancora più bella questa parrocchiale. Oltre all'architetto Filippo Alessandri, che ne fece il disegno, hanno lavorato per la chiesa: l'architetto Giovanni Moroni da Ponte, che disegnò le cappelle di S. Giuseppe e della Madonna, nelle quali furono messe le tele del transito di S. Giuseppe, di ignoto, e la tela della Madonna del Rosario, opera di Francesco Zucco; la facciata esterna e la cupola furono completate dall'architetto Francesco Bianconi, nel 1834.

Gli affreschi sono di Federico Ferrari, e una delle sue migliori opere è la trasfigurazione di Cristo, nella tazza della volta. Di Giovanbattista Riva, allievo del Diotti, vi sono otto grandi tele moderne; vi sono pure decorazioni del Morgari. Il crocefisso della sacrestia è di Gaetano Peverada di Ponte e sue sono pure le belle « Via Crucis », fatte al principio del 1800. Le statue sulla facciata e quelle di S. Luigi e di S. Giuseppe sono opera dello scultore Luigi Carrara. Vi sono poi 3 tele sulla vita di S. Andrea, una della Madonna Addolorata, una di S. Carlo e S. Filippo Neri, tutte di autore ignoto del XVII secolo .

Nelle altre chiese si trovano opere di minor valore, ma, di un certo interesse: nella cappella di S. Fiorano c'è una pila dell'acqua santa, in pietra del 1600, non grande ma interessante. Nella chiesa di S. Lorenzo c'è fin S. Carlo su tela del 1700, forse del Ceresa; una bella tela con la Madonna, S. Domenico e Santa Caterina, del Cignaroli; c'è il coro del 1600, intagliato con angeli, opera locale di scarso valore artistico. Nella chiesa dell'Annunciata c'è una bella deposizione del 1600.

La storia dell'antica parrocchia di Suisio (è segnalato un suo "rettore" nel 1346 nella persona di Donatus de Muzzo) sorprende per il ritmo altalenante con cui le chiese del luogo furono investite del ruolo di parrocchiali, provocando di volta in volta animosità anche vivaci tra le diverse contrade.

Il vescovo Vittore Soranzo, mettendo fine a un lungo periodo di incertezze, il 10 maggio 1550 consacrava come Parrocchiale la chiesa di S. Lorenzo in Castelletto, ma già nel 1575 il delegato di S. Carlo Borromeo decretava che tale funzione spettasse alla chiesa di S. Andrea, allora più piccola ma più centrale. Dopo pochi anni, nel 1581, il vescovo di Bergamo Girolamo Ragazzoni fece visita pastorale a Suisio e celebrò nella chiesa di San Lorenzo qual Parrocchiale. In tale occasione interrogò l'allora Parroco Theusaldi don Paolo circa il motivo per cui, a distanza di sei anni dalle intimazioni del Vescovo, la Parrocchiale non era ancora stata trasferita in S. Andrea; egli rispose che quando fu dato inizio ai lavori di ampliamento si dovette riconoscere che la chiesa "non era adatta a ciò" e che quindi si era pensato addirittura alla costruzione di una nuova chiesa sin dalle fondamenta. Dopo aver effettuato alcune valutazioni, si ritornò nuovamente dell'idea di ampliare la già esistente S.Andrea, nel frattempo le celebrazioni venivano ancora officiate in San Lorenzo.

Il vescovo Giovanni Emo (1613) considerò S.Andrea la Parrocchiale e le altre chiese, compresa S. Lorenzo, "sussidiarie". Il vescovo Daniele Giustiniani considerò l'una e l'altra chiesa comparrocchiali (1675), il vescovo Luigi Ruzini optava nuovamente per S. Lorenzo (1702) e il vescovo Pietro Priuli per S.Andrea (1713). Sconcertante segno dei tempi. Le cose si acquietarono, apparentemente, quando nel 1741 i capifamiglia, con 74 voti favorevoli e 2 contrari, stabilirono di costruire una nuova chiesa, l'attuale. Finalmente nel 1743, sotto il Parroco don Pietro Antonio Tombini, venne redatta la richiesta al Veneto Senato di erigere il nuovo edificio. Nel 1744 la Serenissima concedeva il suo benestare e l'anno seguente, il 1745, su eccellente progetto dell'Arch. Filippo Alessandri, si diede inizio ai lavori e fu posta la prima pietra sotto l'invocazione di S. Andrea. Nel 1766 la chiesa era ormai ultimata e fu benedetta in un primo tempo sotto l'invocazione di S. Lorenzo e S. Andrea, ma a causa delle liti sorte tra la popolazione e i gravi dispiaceri sofferti dal parroco, il Vescovo dichiarò nulla quella benedizione e non funzionale la chiesa. Finalmente il 22 maggio 1768 il plebano di Terno, per delega del Vescovo Antonio Redetti, essendo parroco don Carlo Gualandris, benediceva la nuova chiesa che fu consacrata col titolo di S. Andrea solo un secolo più tardi, il 3 dicembre 1871, per mano del vescovo di Como Pietro Carsana, già coadiutore a Suisio, sotto la reggenza di don Cristoforo Albrici. La Chiesa ormai ultimata, benedetta e consacrata, venne affidata ai parrocchiani per abbellirla e frequentarla.

Altre notizie storiche: La costruzione del campanile, costruito due volte perché la prima volta, dopo aver raggiunto l'altezza dei finestroni della Chiesa crollò, è avvenuta nel 1795. La chiesina di S. Luigi fu costruita nel 1770 ed adibita a cimitero fino all'editto di Napoleone. Carlo Bossi inizia la costruzione dell'organo della Parrocchiale, portata avanti più tardi dal Giudici insieme allo Sgritta discepolo del Serassi nel 1808.

Il comune di Suisio

In tutte queste fortunose vicende, quale sia stata la parte presa dal nostro paese non sappiamo. Certo è che solamente molto più tardi della città, ha avuto e goduto di quella libertà e di quei benefici che le grandi città godettero con il costituirsi in Comune. Fu necessario, che prima il Comune di Bergamo si consolidasse, solo così poté adagio adagio, appoggiandosi all'organizzazione ecclesiastica delle parrocchie rurali, agevolare anche la formazione dei Comuni rurali del territorio.

Il Comune di Bergamo, nonostante le lotte interne e con le altre città, divenne sempre più importante, sia per le opere, compiute (sono di questo periodo S. Maria Maggiore, il Palazzo della Ragione, la Rocca, le torri), e sia per l'allargarsi della sua giurisdizione. La città allora facilitò la formazione dei Comuni rurali e, pur lasciando ad essi una certa autonomia, li obbligò a sottostare alla sua giurisdizione e quindi alle sue leggi e ai suoi oneri tributari. Non solo, ma le genti dei comuni rurali dovettero, all'occorrenza, aiutare la città nel compimento di particolari opere, e nella difesa in caso di eventuali invasioni nemiche.

Perché questo ordinamento giurisdizionale fosse più efficiente, Bergamo divise il suo territorio in quattro parti corrispondenti alle quattro porte della città: S. Alessandro, S. Stefano, S. Andrea e S. Lorenzo e ordinò ad ogni Comune di stabilire e di descrivere i confini del proprio territorio, agli effetti della giusta ripartizione degli oneri (attuali imposte dirette) e per l'esatta applicazione del regolamento pubblico.

Quando l'elenco dei Comuni fu pronto, li raggruppò nei quattro quartieri prospicienti le porte della città . Alla Porta di S. Alessandro appartennero i Comuni di: S. Gervasio, Bottanuco, Suisio, Medolago, Solza, Calusco, Carvico, Villa d'Adda, Cisano, Monte Marenzo, Sosta, Villasola, Foppenico, Calolzio, Vercurago, Valle Imagna, Brembilla, Olmo, Mezzoldo, Averara, Foppolo, Val Taleggio, Valsassina, e tutti i Comuni e i Castelli entro questo perimetro.

Il nostro villaggio, quindi nel secolo XII, si strutturò il Comune, determinò i propri confini, entro una superficie di 458 ettari (a nord fino alla proprietà Marcoli, a est fino alla cascina Bianchina, a sud fino a metà strada fra Suisio e Bottanuco, a ovest fino all'Adda) elesse il proprio Podestà, di cui non ci è stato possibile trovare il nome, e si assoggettò a Bergamo.

Alcune delle leggi che guidavano il Comune di Bergamo guidavano presumibilmente anche i Comuni rurali. A Bergamo vigevano tra le altre queste leggi:

  • il Podestà deve essere forestiero
  • I suoi doveri sono gravi e consacrati da giuramento
  • Egli deve provvedere alla difesa della città
  • Ogni mese deve fare il resoconto delle spese comunali
  • Egli si obblighi a conservare il segreto delle cose del Comune
  • I rettori comunali non devono avere familiari che tengano osteria. C'era anche il codice penale che stabiliva confische e pene severissime
  • E' delitto l'atto contro l'imperatore
  • Sia punito col bando perpetuo e la confisca dei beni chi sfugge al nemico
  • Chi ferisce per causa privata abbia la confisca e il bando
  • Siano puniti il furto e il consiglio dato ad un bandito
  • V'erano anche le prescrizioni edilizie e commerciali
  • La piazza grande deve essere lastricata in mattoni
  • Sull'Adda e sull'Oglio devono ripararsi i ponti
  • Si tenga pulita la conduttura del Lantro
  • Il mercato dei buoi e degli asini si tenga in piazza Maggiore
  • I sarti e i tagliapelle devono giurare di rendere ai clienti i residui dei tagli
  • I macellai non devono vendere carne infetta.

Come si vede, sono leggi che rivelano lo sforzo per rendere facile e serena la vita che ogni cittadino andava costruendo con le proprie mani.

 

Il 1700

Gli animi accesi da tante controversie si erano un poco ricomposti, ormai anche quelli di Castelletto erano riusciti a salvare la loro chiesa e tutti erano soddisfatti.

Ma la tregua si ruppe di nuovo quando si parlò di fabbricare il cimitero vicino alla chiesa nuova, dove ora è la chiesa di S. Luigi. Furono quelli di Castelletto ad apporsi perché dicevano che c'era già il cimitero sul sagrato di S. Lorenzo, e volevano che quello servisse per tutto il paese. Essi, tramite il loro deputato alla costruzione, chiesero che fosse presentata alla popolazione la situazione finanziaria della parrocchia e della fabbrica del nuovo cimitero, con la speranza di trovarvi un grosso deficit e di fare perciò sospendere i lavori. Ma tutto fu inutile; la situazione finanziaria era buona e l'opera fu portata a termine. Il primo ad esservi sepolto fu un certo Giuseppe Magni, morto il 9 marzo 1770.

L'anno dopo morì Don Carlo Mazzoleni di Castelletto, che tanto si era adoperato per la fabbrica della chiesa. Volle essere sepolto nel nuovo cimitero; anche Don Antonio Gambirasi, pure di Castelletto, volle essere sepolto vicino alla parrocchia. Nel frattempo il parroco ottenne di convertire la vecchia chiesa di S. Andrea in casa parrocchiale e ricevette in dono, per il beneficio, un chiericato di S. Giovanni in Cittadella consistente in 195 pertiche di terreno tutte entro il confine di Suisio.

Nel 1768 i capi famiglia di Piazza Amata si radunarono per decidere sul rifacimento del campanile che era cadente e per la fusione di una campana, e dopo tre anni il 25 marzo, giorno dell'Annunciazione, sul campanile squillò festosamente la nuova campana. Anche quelli di Castelletto decisero di arricchire la loro chiesa di un concerto di tre campane, del peso di 7 quintali. Le fecero fondere da Domenico Morella di Bergamo e oggi, dopo due secoli, ci fanno sentire ancora la loro voce argentina.

Il 10 luglio del 1774 successe un fatto doloroso e strano: durante un furioso temporale un fulmine entrando dalla porta della chiesa di S. Andrea distrusse l'immagine di S. Lorenzo e di S. Andrea dipinti ai lati della Madonna su un affresco che stava sopra la porta stessa, lasciando intatta l'immagine della Madonna, poi passò in chiesa ed usci dalla finestra della sacrestia dopo avere colpito a morte il sacrista Francesco Previtali che stava suonando per i popolani.

Testi e foto tratti da: SUISIO Appunti di Storia - Burgo Editore

   

 

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15
Feb/23

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